venerdì 24 aprile 2009

Piano C.A.S.E. - Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili

Il Consiglio dei Ministri del 23 aprile ha varato il Decreto Legge "Abruzzo" per far fronte all'emergenza del sisma che ha colpito la Regione. Il provvedimento ha stanziato in favore delle aree terremotate 8 miliardi di euro per i prossimi tre anni. Tra gli interventi presentati vi è il "Piano C.A.S.E." per la ricostruzione delle abitazioni colpite dal sisma. E' un piano per la progettazione e realizzazione, nei comuni terremotati, di nuove abitazioni e quartieri ispirati a criteri di risparmio energetico e protezione dalle azioni sismiche. E' questa la soluzione individuata dal governo per garantire la sistemazione alle persone le cui abitazioni sono state distrutte o dichiarate non agibili. Una struttura interforze vigilerà sul corretto svolgimento delle procedure contrattuali, anche al fine di prevenire eventuali infiltrazioni da parte della criminalità organizzata.
Per scaricare alcune slides illustrative dei moduli abitativi previsti dal Piano C.A.S.E. (tasto destro del mouse) http://www.unich.it/fusero/download/pianocase.pdf
Per consultare una sintesi più completa del Decreto Legge: http://www.protezionecivile.it/cms/view.php?dir_pk=52&cms_pk=15546

5 commenti:

  1. ho visto la raccolta immagini...se prefigura la seconda alternativa, cioè case provvisorie in attesa del recupero del centro storico e dei suoi tessuti più periferici, mi sembra tutto poco 'provvisorio'. Ho studiato a lungo i sistemi di prefabbricazione 'leggera' e questi proposti mi sembrano più abitazioni permanenti con impiego di tecnologie 'a secco'; c'è una certa differenza perché il pericolo potrebbe essere quello di generare invece i primi nuclei 'stabili' delle new town previste all'inizio, completamente avulse dal contesto storico e culturale che ben conosciamo....grazie paolo e al blog di queste informazioni in tempo reale, vorrei discutere con tutti voi di questi primi indirizzi quanto prima

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  2. Il problema è delicato. Se da un lato non si può che dar ragione al Governo che vuole accelerare i tempi della ricostruzione per togliere dalle tende le persone prima dell’inverno (che a L’Aquila inizia presto), dall’altro il rischio che sotto la pressione del “fare presto” si possano commettere errori è concreto. Le sottostrutture di fondazione, le piastre antisismiche, le opere di infrastrutturazione primaria che si renderanno necessarie (strade, impianti a rete), le stesse tipologie edilizie utilizzate, indicano che siamo di fronte a soluzioni definitive: saranno le new tows di cui si è tanto parlato nei giorni scorsi. Che dire? Intanto è positivo che si stia sgonfiando la bolla mediatica de L’Aquila 2. Non sarà una nuova città lontana dal Centro Storico, ma tanti nuovi quartieri periferici. E’ evidente però che la scelta delle aree di espansione (che preferirei fossero di “ricucitura” del tessuto urbano esistente) è strategica per il futuro de L’Aquila e non può essere lasciata nelle mani della sola Protezione Civile.

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  3. Sull’iniziativa Piano C.A.S.E., presentata con il D.L. “Abruzzo” del 23 aprile, ritengo siano necessarie due riflessioni sui concetti di provvisorietà e di prevenzione, a partire da alcune specifiche ricerche sui temi dell’abitare in emergenza, condotte negli ultimi anni e tuttora in corso presso l’Università d’Annunzio, coordinate con Luigi Cavallari e Piero D’Asdia e in cooperazione con il COPIT e l’ISPRO. Considero queste precisazioni importanti almeno per ciò che riguarda le strategie di intervento ri-costruttivo che ci coinvolgono nel dibattito, ora, come progettisti e docenti osservatori esterni, ma che ci riguarderanno, in seguito, come professionalità (architetti e ingegneri) chiamate ad intervenire direttamente sul territorio. È sicuramente encomiabile la proposta elaborata dalla Protezione Civile e dall’EUCENTRE che prevede nuovi sistemi costruttivi prefabbricati ed energeticamente efficienti, a partire da una piattaforma di sottostruttura sismicamente isolata. Il Piano presenta il passaggio diretto dagli obiettivi “immediati” (tende) a quelli “provvisori” (abitazioni ad elevati standard qualitativi), come strategia alternativa a quella tradizionale, per risolvere in soli cinque mesi le problematiche della ricostruzione.
    Ma qui emerge il primo nodo problematico relativo alla provvisorietà delle soluzioni proposte e sul quale penso debbano essere fatte alcune considerazioni; il Piano può essere considerato realmente come una soluzione provvisoria? Credo che si possa parlare, più ragionevolmente, di soluzione temporanea per l’abitare, adatta ad accogliere, oggi, gli sfollati in emergenza e domani, altre funzioni abitative, come nell’ipotesi sensata dell’alloggiamento/campus degli studenti. Si tratta, infatti, di una soluzione che per qualità prestazionali intrinseche, nella sequenzialità delle sue destinazioni temporanee, è evidentemente programmata e destinata alla stabilizzazione definitiva sul territorio, visto l’ingente investimento stimato per l’attuazione dell’intervento. Tutto ciò pone degli interrogativi. Occorreva la tragedia aquilana per vedere in Italia, finalmente, tante raffinate soluzioni concentrate in un solo manufatto edilizio (antisismicità, tecnologie bioedilizie, impianti energeticamente efficienti, prefabbricazione leggera, posti auto individuali interrati)? La ricostruzione e la messa in sicurezza delle abitazioni, negli insediamenti storici e consolidati, avverranno tendendo ad analoghe caratterizzazioni prestazionali? Quanti abitanti, ora accolti in via “provvisoria”, saranno disposti a lasciare i villaggi del Piano C.A.S.E. per rientrare poi nei loro habitat di provenienza? Quale sarà il rischio reale di duplicazione di borghi e centri abitati, come peraltro già registrato in alcuni casi umbro-marchigiani, tale da rendere ambientalmente e paesaggisticamente insostenibile tale soluzione? E, nell’ipotesi di una prevedibile stabilizzazione definitiva delle abitazioni e dei quartieri, quante nuove espansioni emergeranno alla fine del processo di ricostruzione e quale sarà il risultante quadro patrimoniale immobiliare del “cratere”, tra centri storici, borghi e aree periferiche, rispetto a una domanda del mercato delle costruzioni che, oggi, sembra per lo meno difficoltosa da valutare, vista l’evidente e giustificata perplessità degli abitanti nei confronti delle tecnologie costruttive? Il secondo nodo problematico su cui credo occorra riflettere riguarda l’adozione di una strategia di prevenzione dei rischi sismici e/o provenienti da fattori di altra natura, tra l’altro auspicata dagli stessi documenti di indirizzo della Protezione Civile (si veda il D.P.R. pubblicato sulla G.U. n°44 del 23.02.2005) che invitano ad integrare negli strumenti urbanistici vigenti adeguate zone di evacuazione per le popolazioni insediate e non. Il Piano C.A.S.E. va sicuramente nella direzione della ri-costruzione del patrimonio immobiliare irrimediabilmente e integralmente distrutto, a vantaggio degli utenti affittuari permanenti e temporanei che hanno praticamente perso tutto. Lo stesso Piano non sembra però fornire una risposta al delicato problema della predisposizione di siti attrezzati per affrontare gli scenari diffusi delle emergenze naturali, umanitarie e sanitarie. Siti che non possono configurarsi mediante manufatti abitativi stabili, seppur leggeri e prefabbricati, ma che necessitano di una dotazione permanente di prodotti abitabili, facilmente trasferibili, integrabili e soprattutto riconfigurabili. In questo senso, nel caso di positivo esito del funzionamento dei villaggi campus del Piano C.A.S.E., con piena continuità insediativa di residenti e studenti, quale sarà, al termine della ricostruzione, la reale disponibilità sul territorio di siti specifici fruibili dedicati alle emergenze?
    Quali saranno, nell’immediato e nei prossimi anni, le misure cautelative e programmatiche, innescate dal Piano nella direzione di una politica e di una pianificazione della prevenzione, non solo per L’Aquila, ma nell’eventualità di nuove emergenze che gravano, con alte probabilità, sul tutto il territorio nazionale? Concludo, dopo aver espresso questi miei dubbi, riprendendo le parole usate dal professor Gabrielli sulle teorie, finora contrapposte, fra trasferimento e mantenimento degli insediamenti, dopo una calamità naturale. Risulta chiaro come il quadro aquilano si mostri, forse per la prima volta, come uno scenario di ricostruzione insolito, caratterizzato da elevati livelli di complessità e da delicati e fragili equilibri da rintracciare. A L’Aquila si è infranto un sistema insediativo ambientalmente e socialmente complesso. Il caso aquilano non può essere omologato, sia nei successi che nei fallimenti, alle esperienze friulane, campane o umbro-marchigiane, perché in un certo senso le contiene tutte. Il problema della ricostruzione e delle soluzioni per affrontarne i tempi di attesa vanno quindi confrontati su una base più ampia che prenda in considerazione, fin da ora, le ricadute degli interventi nel tempo breve, medio e lungo. Il Piano C.A.S.E. può quindi costituire una delle valide soluzioni per affrontare l’emergenza, ma certamente non l’unica. E’ forse necessario approntare un programma che ai temi cogenti della ricostruzione dopo il cataclisma (trasferimento/mantenimento) affianchi i temi emergenti della provvisorietà di alloggiamento e della prevenzione, in attesa dell’emergenza e della ricostruzione. Un quadro di intervento che, per la prima volta, sia in grado di affrontare e, per quanto possibile, rendere disponibile per il futuro, una dotazione diffusa di soluzioni preventive per accogliere le popolazioni e garantirne un alloggiamento provvisorio e reversibile, nell’attesa del ritorno alla normalità.

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  4. Tutti argomenti condivisibili.

    Però mi sembra che il programma si affianchi al recupero dell'esistente, e non che lo sostituisca.

    Specie se è già prevista una successiva utilizzazione a lungo termine degli alloggi una volta liberati dalle persone le cui abitazioni sono state distrutte o dichiarate non agibili, connessa con il campus universitario (case per gli studenti o per il social housing?).

    Qualche riflessione la farei invece riguardo alla qualità urbanistica e tecnologica di questi insediamenti:

    - La localizzazione ed il ruolo rispetto alla Città (condivido la visione di paolo Fusero);

    - la predisposizione di aree di autoproduzione energetica da fonti rinnovabili (fotovoltaico, solare termico, biomasse) di quartiere (criteri insediativi, modalità costruttive, gestionali e manutentive);

    - la predisposizione di sottoservizi energetici ed idrici di quartiere, come ad esempio il riciclo delle acque piovane e grige(criteri e modalità costruttive, gestionali e manutentive);

    - l'orientamento degli edifici rispetto al loro comportamento energetico (soleggiamento);

    - l'integrazione di tecnologie solari negli edifici;

    - l'integrazione di tecnologie per il risparmio idrico negli edifici (quello energetico è già fin troppo citato);

    - la compatibilità ambientale e salubrità dei materiali e prodotti edilizi utilizzati (dato che appaiono e penso saranno case definitive);

    e non ultima, la qualità architettonica di tutto questo, riguardo alla quale penso che Susanna potrebbe dare un grande contributo.


    E su tutto questo non potremmo dare il nostro contributo? o come dice Paolo, può essere lasciato solo nelle mani della Protezione Civile?

    Condivido l'idea di costiture una task force propositiva, orientata a fornire alla PC conoscernze e strumenti di supporto alle scelte operative, che ricordo sono improntate alla massima urgenza (obiettivo di consegna prima dell'inverno).

    Ci si vede mercoledì 29 in facoltà per discuterne?

    insediamenti

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  5. PS

    Dimenticavo, possiamo coinvolgere alcuni produttori/installatori di tecnolgie edilizie ed impiantistiche della zona, interessati a metterci a disposizione il loro know-how.

    Un saluto a tutti

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