lunedì 20 aprile 2009

L’Aquila un progetto per la ricostruzione della città

Abbiamo ricevuto e volentieri pubblichiamo questo documento a firma di Bruno Gabrielli, Presidente dell'Associazione Nazionale Centri Storici ed Artistici (ANCSA), che da un contributo al dibattito sui modelli della ricostruzione dei territori abruzzesi colpiti dal sisma del 6 aprile 2009.


1. Premessa
L’ANCSA esprime la propria partecipe solidarietà alle popolazioni che hanno subito il tragico evento, e proprio in questa chiave solidale intende esprimere le proprie valutazioni in merito al grande tema della ricostruzione, di cui tutti ci sentiamo responsabili, ognuno nel proprio ruolo, ma partecipi come cittadini italiani. Non si può ridurre il dibattito sulla ricostruzione a pochi “slogan” di natura radicale, generalizzanti e capaci solo di cogliere aspetti, magari rilevanti, ma comunque parziali del problema.
Quindi, in primo luogo, l’ANCSA ritiene di intervenire nel dibattito sulla scorta della sua quasi cinquatennale attività in favore della salvaguardia e rivitalizzazione dei nostri centri storici e del dibattito che è riuscita ad animare sulla base di quel fondamentale atteggiamento laico che ha da sempre guidato le proprie posizioni in materia di centri storici.
2. trasferire o ricostruire
Sono in campo – ogni volta che occorre decidere in merito alla ricostruzione a seguito di un tragico evento distruttivo – diverse teorie, che si riducono schematicamente alle due estreme:
- il trasferimento dell’insediamento;
- il mantenimento dello stesso (“dove era” prima ancora di “come era”).
L’esperienza insegna: Venzone è stata ricostruita, Gibellina è stata trasferita; da tante esperienze occorre trarre i giusti insegnamenti. Sappiamo che lo sradicamento dà luogo ad una perdita di identità che non è possibile recuperare neppure con il miglior possibile progetto urbanistico. Tuttavia, non possiamo certo dimenticare che il trasferimento si è reso, in determinati casi, del tutto necessario. Quando la ricostruzione era improponibile in presenza di fenomeni incontrollabili come le frane, o in presenza di abitati le cui condizioni di accessibilità, di conformazione fisica del tutto impervia, di localizzazione le cui motivazioni insediative non avevano più senso per il vivere civile degli abitanti, allora il trasferimento si è reso necessario. Ma si tratta di casi eccezionali. Così non è per il caso dell’Aquila. Le zone sconvolte dal sisma non hanno alcuna caratteristica che faccia ritenere necessario il trasferimento. Al contrario, le motivazioni della ricostruzione sono indiscutibili. L’insediamento storico dell’Aquila è un bene della nazione, e come tale deve tornare a nuova vita: si tratta di un centro storico di grande valore, un deposito di civiltà da conservare e restituire ai suoi abitanti. Non ci riferiamo soltanto ai suoi monumenti illustri, ma all’insieme nell’inscindibile unità di parti monumentali e di parti minori.
L’ipotesi quindi di un’Aquila 2 è da respingere con quella forza che i cittadini aquilani sapranno esprimere nel momento in cui – si spera – saranno chiamati a scegliere. Altro è pensare che il Territorio storico, articolato in un sistema reticolare di insediamenti minori, possa supportare anche la realizzazione di nuove centralità.
3. come ricostruire
L’uomo non può vivere senza memoria, e pertanto non può essere sradicato con violenza dai propri luoghi, dalla propria casa, dal suo “habitat”. Sappiamo anche che non può vivere nell’incubo del rischio, in condizioni di insicurezza.
Ecco perché, all’inizio di queste note, abbiamo voluto richiamare l’atteggiamento laico che contraddistingue le nostre posizioni, e che ci porta a concludere che non vi sono verità precostituite, anche se vi sono fondamenti culturali che propongono di valutare in termini di complessità, e non di semplificazione o di superficialità e ancor peggio di ignoranza il problema che si pone.
Quel che sappiamo è che occorre affrontare il problema – soprattutto – nei suoi termini di specificità.
Non applicare formule o, peggio, “slogan” predeterminati, ma valutare la situazione che si è venuta a determinare ascoltando i cittadini coinvolti in questa tragedia. Si propone un piano di estremo dettaglio, capace di cogliere ogni singola situazione nella sua specificità, adottando i seguenti criteri:
- devono essere ricostruite le trame urbanistiche: occorre garantire loro riconoscibilità e perciò l’identità del Centro Storico;
- devono essere ricostruiti i riferimenti fisici più rilevanti dell’identità urbana, che possono riguardare un campanile, una cupola o una facciata così come una semplice pietra di marciapiede (e anche qui il concorso dei cittadini per identificare gli oggetti è fondamentale).
Il tema principale, ora, è quello delle demolizioni. La cautela conservativa confligge con l’urgenza della messa in sicurezza. Si vorrebbe che ogni singola decisione di demolizione potesse essere assistita da un tecnico che prenda le parti della conservazione, per mantenere tutto ciò che è ragionevolmente mantenibile. Sappiamo che in molti casi le perdite di patrimonio storico dovute all’opera di demolizione post-sisma sono state maggiori di quelle determinate dal sisma. Avremo dunque nel Centro Storico diverse situazioni:edifici crollati e comunque del tutto irrecuperabili; qui si pone il problema della ricostruzione; in che termini? Una ricostruzione “filologica” dovrebbe essere assistita da documentazione adeguata, e spesso non lo è. Se esiste, e se il proprietario lo vuole, e se l’edificio aveva un preciso significato nella trama storica, allora lo si può ricostruire e – va da sé – secondo la normativa antisismica. In caso contrario l’innovazione architettonica è del tutto auspicabile e ne - deve essere, nei limiti del possibile, garantita la qualità , anche attraverso una sperimentazione innovativa;
- edifici lesionati più o meno gravemente: qui la scelta della ricostruzione presenta l’unico problema dell’adozione delle normative antisismiche;
- un’ultima considerazione: il sisma può anche essere un’occasione per migliorare alcune parti del tessuto storico attraverso un progetto urbano complessivo, capace di individuare nuove opportunità all’interno del tessuto.
La rinascita dell’Aquila deve essere cioè un’occasione di rigenerazione urbana, per restituire ai cittadini un patrimonio rinnovato, valorizzato, significativamente e più che mai identitario proprio perché reso, quello antico e quello nuovo, contemporaneo.
Nella consapevolezza di dover rendere un servizio ad una comunità così duramente colpita, e allo stesso tempo della rilevanza e della complessità del progetto che si impone, l’ANCSA si propone senz’altro di attivare il dibattito scientifico-disciplinare nelle forme che si riterranno più opportune, insieme a tutte le altre forze culturali e istituzionali coinvolte.
Prof. Arch. Bruno Gabrielli

3 commenti:

  1. Per la ricostruzione del centro storico dell'Aquila si dovrebbero indicare alcune linee guida quali ad es.: per l'edilizia storica solo danneggiata prescrivere in ogni caso interventi di restauro, comprensivi dei necessari consolidamenti ed adeguamenti; per le ricostruzioni: prevedere l'allineamento con le cortine edilizie e la conservazione dei tracciati viari, imporre il rispetto delle volumetrie medie esistenti anche nel caso di edifici distrutti con volumetrie superiori alla media, chiedere la presentazione di tavole di progetto che mostrino come l'edificio ricostruito verrebbe ad inserirsi nell'ambiente; prevedere eventuali aree verdi al posto di edifici distrutti in zone particolarmente congestionate dall'edilizia; evitare in linea generale il falso del "com'era e dov'era" a vantaggio di un corretto incontro tra antico e nuovo.

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  2. Da aquilani, nonché da tecnici, pretendiamo di dire la nostra e la diremo.
    Il suo intervento, Prof. Gabrielli, conforta per la sensibilità, il tono ed i contenuti (non da sciacalli travestiti da salvatori)...
    Da ieri siamo riuniti in un Collettivo Giovani Tecnici Aquilani e spero (qualora il Collettivo fosse d'accordo) di poter contare anche sul discreto e sapiente consiglio dell'ANCSA per la formazione della NOSTRA IDEA DI CITTA' FUTURA.

    arch. marco morante (dottore di ricerca e docente a contratto presso la fac. di architettura di pescara)

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  3. Parole sagge di una delle voci più autorevoli dell'urbanistica italiana

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