giovedì 30 aprile 2009

Imprese Università e Ordini professionali a confronto

Martedì 5 maggio presso la sede dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) in via De Gasperi a L’Aquila i primi incontri di studio sul tema della ricostruzione post-terremoto organizzati congiuntamente dalla Facoltà di Architettura di Pescara e dalla Facoltà di Ingegneria de L’Aquila. Dando seguito al programma di iniziative discusso nel Consiglio di Facoltà del 22 aprile (vedi post) si sono organizzati due seminari. Il primo “Università per la ricostruzione” si terrà alla mattina alle 10:00 e vedrà la partecipazione di rappresentanti del CUN e di molte facoltà italiane di Architettura e Ingegneria che apriranno una riflessione su quanto è accaduto e sulle prospettive della ricostruzione nei territori colpiti dal sisma. Le Università rappresentate sono: Chieti-Pescara, L’Aquila, Napoli, Ascoli, Venezia, Reggio Calabria, Ancona, Palermo, Genova, Udine, Firenze, Sassari, Cesena, Camerino, Roma e Torino. Al pomeriggio alle ore 15:00 si confronteranno il mondo dell’impresa (ANCE nazionale e locali), della professione (Ordini professionali abruzzesi: architetti, ingegneri e geologi) e dell’Università sul tema “Idee per la ricostruzione”. La conclusione dei lavori è affidata a Giovanni Chiodi, Presidente della Giunta Regionale abruzzese.
Scarica programma dell’incontro di studio: “Università per la ricostruzione” http://www.unich.it/fusero/download/AQincontroStudio.pdf
Scarica programma del seminario nazionale “Idee per la ricostruzione” http://www.unich.it/fusero/download/seminarioAquila.pdf

Osservare, documentare, riflettere

di Piero Rovigatti
Una delle considerazioni che possono e forse devono essere svolte a partire dai tragici fatti del terremoto abruzzese, è quella relativa all’urgenza, probabilmente oggi maggiore che in passato, di un’osservazione territoriale dei fenomeni in atto, anche in relazione ad una condizione emergenziale che in realtà è antecedente ai fenomeni sismici più recenti. Se è vero che buona parte del territorio abruzzese (e italiano) è gravato da condizioni palesi di rischio sismico, e che dunque l’evento recente è solo la tragica conferma di un dato noto ed oggettivo, occorre anche riflettere, in Abruzzo così come in tante altre parti del nostro paese, sulla compresenza di altre condizioni di rischio, a cominciare ad esempio da quelle di natura idrogeologica, che spesso si aggiungono e si sovrappongono a quelle (si veda in questi giorni l’emergenza del fiume Vomano, originata dai recenti imprevisti fenomeni metereologici). A dimostrazione di una generale e pervasiva situazione di vulnerabilità territoriale, su cui vertono molte cause, che non trovano qui spazio di analisi, e che invece meriterebbero di essere indagate in parallelo, cominciando ad esempio da quelle di natura ambientale. Convivere con l’incertezza, col rischio e spesso con l’emergenza andrebbe assunta, insomma, come condizione normale di molte parti del nostro paese, evitando di scoprirne e di piangerne le conseguenze più dure e drammatiche solo in occasione dei ricorrenti, se non ciclici, eventi calamitosi. L’emergenza del terremoto in Abruzzo ha in questi ultimi giorni attivato un forte dibattito, anche tra gli addetti ai lavori, sulle modalità più efficaci delle ricostruzione, all’interno di una contrapposizione tra conservazione e nuova costruzione anch’essa ricorrente, se non rituale. La riflessione sulle cause, e sulla palese vulnerabilità dei nostri territori, pur presente, anche come comprensibile e necessaria occasione di contrapposizione politica, è stata presente nei primi giorni del dramma, ed è via via scemata nell’evolversi, pure comprensibile e necessaria, sul “che fare” per alleviare le condizioni delle popolazioni colpite e per prospettare loro futuri possibili di minore disagio, spesso giocando su un’immediatezza dell’azione che spesso si scontra su condizioni e necessità oggettive di maggior tempo di analisi e di decisione. I tempi del terremoto dovrebbero essere anche quelli dell’osservazione – possibilmente critica e scientificamente fondata – su cosa è realmente successo, per poter documentare con condizione di causa, e soprattutto per riflettere anche al fine di orientare le azioni e le politiche di intervento verso condizioni migliori di sicurezza globale. Una riflessione è stata anche avviata, ad un alto livello scientifico, ed è tuttora in corso, sulla natura tecnico edilizia dei fenomeni (si veda ad esempio all’interno del blog l’intervento iniziale di Enrico Spacone ). Manca, credo, tuttora, una osservazione territoriale di quanto è successo, e anche di cosa sta succedendo ora, che possa anche fare da sfondo alle ipotesi e alle congetture su cosa è destinato ad avvenire, nei futuri prossimi e venturi dei territori del sisma. Difficile, anche nonostante i molti strumenti rapidamente messi a disposizione dai siti di descrizione territoriale (portale cartografico italiano, google maps, eccetera) farsi ancora un’idea dell’estensione geografica dell’evento, per non parlare delle dinamiche messe in atto, già ora, per le condizioni di vita materiali delle popolazioni colpite, di cui è ancora difficile percepire la dimensione demografica (60.000, 100.000, oltre?), ancor meno i ritmi di vita e le condizioni di relazione sociale, abitativa, di lavoro (le famiglie sfollate sul litorale, gli universitari dell’Aquila dispersi chissà dove, i lavoratori delle fabbriche già colpite dalla crisi economica in attesa di chissà quale futuro …), se non andando direttamente sul posto, esperienza fino ad ora limitata – e forse giustamente – alle unità strutturate di pronto intervento, coordinate dalla Protezione Civile.
Prof.  Piero Rovigatti

mercoledì 29 aprile 2009

Ecco le 20 aree del Piano C.A.S.E. - Per individuarle procedure urbanistiche straordinarie

Il D.L. del 28.04.09 per le popolazioni colpite dal terremoto in Abruzzo, conferisce al Commissario delegato Bertolaso poteri straordinari tra cui quello poter individuare le aree destinate al Piano C.A.S.E., in deroga alle vigenti norme urbanistiche servendosi di varianti al PRG (e successivi espropri) che non debbono essere notificate ai proprietari, ma semplicemente pubblicati presso l’Albo Pretorio del Comune. I proprietari non possono ricorrere all’istituto dell’ “opposizione”, come nella procedura vigente, ma possono esclusivamente effettuare un ricorso giurisdizionale o un ricorso straordinario al Capo dello Stato. L’affidamento degli interventi deve avvenire entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, con procedura negoziata (art. 57, comma 6 del Dls 163/2006), anche in caso di affidamento ad un General Contractor. Inoltre, sempre in deroga alle norme vigenti, è consentito il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino ad un max del 50%. Bertolaso ha anche il potere di reperire alloggi per le persone sgomberate, individuando immobili non utilizzati, per il tempo necessario al rientro delle popolazioni nelle abitazioni di proprietà ricostruite. L’assegnazione degli alloggi sarà effettuata dal sindaco del Comune interessato. Nel frattempo l’individuazione delle aree del Piano C.A.S.E. è pressoché ultimata. Ecco le 20 frazioni dell'Aquila che paiono essere deputate ad accogliere le nuove case: Sant’Antonio, Cese di Preturo, Pagliare di Sassa, San Giacomo, Tempera 1, Bazzano, Sant’Elia 1, Sant’Elia 2, Paganica Sud, Roio Piano, Coppito Nord, Sassa-Zona Polivalente NSI, Paganica Nord, Monticchio, Pianola, Collebrincioni, Assergi, Paganica sud 2, Camarda e Arischia.

martedì 28 aprile 2009

Week_3 Report : Consiglio di Facoltà straordinario

In data 22 aprile, alla ripresa dell’attività didattica dopo l’interruzione per gli eventi tellurici, si è tenuto il Consiglio di Facoltà straordinario con unico punto all’ordine del giorno: Il programma di attività della Facoltà di Architettura per i territori colpiti dal sisma. All’inizio della seduta è stato osservato un minuto di raccoglimento in memoria delle vittime. I rappresentanti degli studenti hanno espresso l’intenzione di organizzare alcuni incontri pubblici su tematiche attinenti al sisma. Il Preside ha fatto un rapido resoconto delle attività svolte a L’Aquila da alcuni docenti nei giorni immediatamente successivi al 6 aprile. I professori del Pricos hanno illustrato una rassegna di immagini fotografiche di edifici gravemente lesionati spiegandone le caratteristiche strutturali. Si è aperto un ampio dibattito nel corso del quale è emersa la volontà di porre in essere un programma articolato di iniziative autofinanziate dalla Facoltà tese a dare un contributo scientifico per la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma. Punto di forza dell’intervento della Facoltà, in questa prima fase di emergenza, sono le verifiche di agibilità degli immobili per conto della Protezione civile, che continuano a ritmo incessante. Altro programma di lavoro immediato è quello relativo alla campionatura del patrimonio storico artistico diffuso che è stato lesionato dal sisma. Sul versante comunicativo la facoltà ha dato vita ad un Blog di discussione scientifica con l’obiettivo di monitorare il processo di ricostruzione e si è fatta promotrice di un Seminario nazionale da organizzare a L’Aquila all’inizio di maggio insieme ad UNIAQ, all’ANCE, alla Regione e a rappresentanti governativi. Altri Seminari e lezioni tematiche sul terremoto sono già state organizzate o sono in via di definizione da parte dei diversi corsi di studio. In una fase immediatamente successiva verranno organizzate altre iniziative come: il contributo alla Regione Abruzzo per la declinazione locale del “Piano Casa” nazionale, il supporto scientifico agli enti locali per l’individuazione di possibili aree di ricucitura nei centri minori e delle metodologie di intervento sul patrimonio esistente, l’approfondimento sulle tipologie edilizie sismiche ed ecocompatibili che verranno utilizzate, la messa a disposizione del Laboratorio Prove Materiali dell’Università per le verifiche di vulnerabilità degli edifici, etc.
Per scaricare il programma completo delle attività della Facoltà di Architettura per la ricostruzione post terremoto: http://www.unich.it/fusero/download/Fusero_earthquake.planning2_blog.pdf

sabato 25 aprile 2009

Case nuove in cinque mesi: saranno il nuovo Campus

Il Presidente del Consiglio, in un’intervista riportata da Repubblica.it del 24 aprile, ha dichiarato di aver già individuato 15 aree dove intervenire realizzando piastre antisismiche dotate di dispositivi di isolamento caratterizzati da elevata deformabilità su cui costruire le nuove case (il "Piano C.A.S.E." vedi post precedente). Il costo dovrebbe essere tra 500 e 700 milioni. “La sfida  - prosegue Berlusconi - è che vogliamo costruirle prima che arrivi il freddo per ospitare gli sfollati nel tempo record di 5 mesi. Quando poi ogni famiglia avrà completato la ricostruzione della propria casa - ha aggiunto il premier – questi nuovi alloggi antisismici potranno essere occupati da giovani coppie o da studenti universitari. Le case saranno progettate con la logica del campus. Per il primo periodo saranno adattate per le famiglie terremotate, ma in un secondo tempo diventeranno residenze universitarie capaci di attirare a L’Aquila studenti da tutto il mondo”.

venerdì 24 aprile 2009

Piano C.A.S.E. - Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili

Il Consiglio dei Ministri del 23 aprile ha varato il Decreto Legge "Abruzzo" per far fronte all'emergenza del sisma che ha colpito la Regione. Il provvedimento ha stanziato in favore delle aree terremotate 8 miliardi di euro per i prossimi tre anni. Tra gli interventi presentati vi è il "Piano C.A.S.E." per la ricostruzione delle abitazioni colpite dal sisma. E' un piano per la progettazione e realizzazione, nei comuni terremotati, di nuove abitazioni e quartieri ispirati a criteri di risparmio energetico e protezione dalle azioni sismiche. E' questa la soluzione individuata dal governo per garantire la sistemazione alle persone le cui abitazioni sono state distrutte o dichiarate non agibili. Una struttura interforze vigilerà sul corretto svolgimento delle procedure contrattuali, anche al fine di prevenire eventuali infiltrazioni da parte della criminalità organizzata.
Per scaricare alcune slides illustrative dei moduli abitativi previsti dal Piano C.A.S.E. (tasto destro del mouse) http://www.unich.it/fusero/download/pianocase.pdf
Per consultare una sintesi più completa del Decreto Legge: http://www.protezionecivile.it/cms/view.php?dir_pk=52&cms_pk=15546

martedì 21 aprile 2009

"Ma è possibile che un 5.8 provochi tutto ciò?"

Da ingegnere strutturista mi pongo una domanda: ma è possibile che un 5,8 provochi tutti questi danni e questi morti? E’ un problema del nostro parco strutture vecchio (e mi riferisco in particolare alle costruzioni in cemento armato pre-normativa sismica 1984)? Bastano gli effetti di amplificazione locale a spiegare la devastazione di certe aree (vedi Onna)? Nei giorni scorsi parlavo con un collega su quello che sta succedendo con la casa dello studente. Se ci sono state delle irregolarità, non ho maniera di saperlo e non azzardo giudizi perché non so nulla della struttura (e raccomanderei lo stesso atteggiamento a tutti gli “esperti” che parlano senza conoscere il caso specifico). Ma una cosa è certa. Fa comodo a molti trovare un colpevole. Perché se la verità fosse: era un edificio eretto nel rispetto della normativa vigente al momento della costruzione, il problema è che le vecchie costruzioni sono molto carenti (in termini sismici), il problema diventerebbe politico, economico e sociale. Cosa fare con tutto quello che si è costruito in Italia prima degli anni ‘90, per non parlare dei centri storici? Sulla pericolosità sismica italiana, riflettete sui terremoti che abbiamo avuto nell’Appennino negli ultimi anni: Irpinia, Marche, Molise, Abruzzo. In termini geologici, uno dietro l’altro. In altre parole, noi di sismi ne abbiamo uno dietro l’altro, e nonostante la magnitudo moderata, i danni sono ingenti. Perché? Cosa fare? Siamo pronti alle continue emergenze? Le stiamo gestendo bene?
Prof. Enrico Spacone

lunedì 20 aprile 2009

L’Aquila un progetto per la ricostruzione della città

Abbiamo ricevuto e volentieri pubblichiamo questo documento a firma di Bruno Gabrielli, Presidente dell'Associazione Nazionale Centri Storici ed Artistici (ANCSA), che da un contributo al dibattito sui modelli della ricostruzione dei territori abruzzesi colpiti dal sisma del 6 aprile 2009.


1. Premessa
L’ANCSA esprime la propria partecipe solidarietà alle popolazioni che hanno subito il tragico evento, e proprio in questa chiave solidale intende esprimere le proprie valutazioni in merito al grande tema della ricostruzione, di cui tutti ci sentiamo responsabili, ognuno nel proprio ruolo, ma partecipi come cittadini italiani. Non si può ridurre il dibattito sulla ricostruzione a pochi “slogan” di natura radicale, generalizzanti e capaci solo di cogliere aspetti, magari rilevanti, ma comunque parziali del problema.
Quindi, in primo luogo, l’ANCSA ritiene di intervenire nel dibattito sulla scorta della sua quasi cinquatennale attività in favore della salvaguardia e rivitalizzazione dei nostri centri storici e del dibattito che è riuscita ad animare sulla base di quel fondamentale atteggiamento laico che ha da sempre guidato le proprie posizioni in materia di centri storici.
2. trasferire o ricostruire
Sono in campo – ogni volta che occorre decidere in merito alla ricostruzione a seguito di un tragico evento distruttivo – diverse teorie, che si riducono schematicamente alle due estreme:
- il trasferimento dell’insediamento;
- il mantenimento dello stesso (“dove era” prima ancora di “come era”).
L’esperienza insegna: Venzone è stata ricostruita, Gibellina è stata trasferita; da tante esperienze occorre trarre i giusti insegnamenti. Sappiamo che lo sradicamento dà luogo ad una perdita di identità che non è possibile recuperare neppure con il miglior possibile progetto urbanistico. Tuttavia, non possiamo certo dimenticare che il trasferimento si è reso, in determinati casi, del tutto necessario. Quando la ricostruzione era improponibile in presenza di fenomeni incontrollabili come le frane, o in presenza di abitati le cui condizioni di accessibilità, di conformazione fisica del tutto impervia, di localizzazione le cui motivazioni insediative non avevano più senso per il vivere civile degli abitanti, allora il trasferimento si è reso necessario. Ma si tratta di casi eccezionali. Così non è per il caso dell’Aquila. Le zone sconvolte dal sisma non hanno alcuna caratteristica che faccia ritenere necessario il trasferimento. Al contrario, le motivazioni della ricostruzione sono indiscutibili. L’insediamento storico dell’Aquila è un bene della nazione, e come tale deve tornare a nuova vita: si tratta di un centro storico di grande valore, un deposito di civiltà da conservare e restituire ai suoi abitanti. Non ci riferiamo soltanto ai suoi monumenti illustri, ma all’insieme nell’inscindibile unità di parti monumentali e di parti minori.
L’ipotesi quindi di un’Aquila 2 è da respingere con quella forza che i cittadini aquilani sapranno esprimere nel momento in cui – si spera – saranno chiamati a scegliere. Altro è pensare che il Territorio storico, articolato in un sistema reticolare di insediamenti minori, possa supportare anche la realizzazione di nuove centralità.
3. come ricostruire
L’uomo non può vivere senza memoria, e pertanto non può essere sradicato con violenza dai propri luoghi, dalla propria casa, dal suo “habitat”. Sappiamo anche che non può vivere nell’incubo del rischio, in condizioni di insicurezza.
Ecco perché, all’inizio di queste note, abbiamo voluto richiamare l’atteggiamento laico che contraddistingue le nostre posizioni, e che ci porta a concludere che non vi sono verità precostituite, anche se vi sono fondamenti culturali che propongono di valutare in termini di complessità, e non di semplificazione o di superficialità e ancor peggio di ignoranza il problema che si pone.
Quel che sappiamo è che occorre affrontare il problema – soprattutto – nei suoi termini di specificità.
Non applicare formule o, peggio, “slogan” predeterminati, ma valutare la situazione che si è venuta a determinare ascoltando i cittadini coinvolti in questa tragedia. Si propone un piano di estremo dettaglio, capace di cogliere ogni singola situazione nella sua specificità, adottando i seguenti criteri:
- devono essere ricostruite le trame urbanistiche: occorre garantire loro riconoscibilità e perciò l’identità del Centro Storico;
- devono essere ricostruiti i riferimenti fisici più rilevanti dell’identità urbana, che possono riguardare un campanile, una cupola o una facciata così come una semplice pietra di marciapiede (e anche qui il concorso dei cittadini per identificare gli oggetti è fondamentale).
Il tema principale, ora, è quello delle demolizioni. La cautela conservativa confligge con l’urgenza della messa in sicurezza. Si vorrebbe che ogni singola decisione di demolizione potesse essere assistita da un tecnico che prenda le parti della conservazione, per mantenere tutto ciò che è ragionevolmente mantenibile. Sappiamo che in molti casi le perdite di patrimonio storico dovute all’opera di demolizione post-sisma sono state maggiori di quelle determinate dal sisma. Avremo dunque nel Centro Storico diverse situazioni:edifici crollati e comunque del tutto irrecuperabili; qui si pone il problema della ricostruzione; in che termini? Una ricostruzione “filologica” dovrebbe essere assistita da documentazione adeguata, e spesso non lo è. Se esiste, e se il proprietario lo vuole, e se l’edificio aveva un preciso significato nella trama storica, allora lo si può ricostruire e – va da sé – secondo la normativa antisismica. In caso contrario l’innovazione architettonica è del tutto auspicabile e ne - deve essere, nei limiti del possibile, garantita la qualità , anche attraverso una sperimentazione innovativa;
- edifici lesionati più o meno gravemente: qui la scelta della ricostruzione presenta l’unico problema dell’adozione delle normative antisismiche;
- un’ultima considerazione: il sisma può anche essere un’occasione per migliorare alcune parti del tessuto storico attraverso un progetto urbano complessivo, capace di individuare nuove opportunità all’interno del tessuto.
La rinascita dell’Aquila deve essere cioè un’occasione di rigenerazione urbana, per restituire ai cittadini un patrimonio rinnovato, valorizzato, significativamente e più che mai identitario proprio perché reso, quello antico e quello nuovo, contemporaneo.
Nella consapevolezza di dover rendere un servizio ad una comunità così duramente colpita, e allo stesso tempo della rilevanza e della complessità del progetto che si impone, l’ANCSA si propone senz’altro di attivare il dibattito scientifico-disciplinare nelle forme che si riterranno più opportune, insieme a tutte le altre forze culturali e istituzionali coinvolte.
Prof. Arch. Bruno Gabrielli

domenica 19 aprile 2009

Week_2 Report

A una decina di giorni dal terremoto si può fare un primo quadro per riassumere gli interventi della Facoltà di Architettura di Pescara nelle zone terremotate. Siamo stati fra i primi ad intervenire sul posto inviando squadre di tecnici che si sono messi a disposizione della Protezione Civile per le verifiche di agibilità degli immobili.  Le squadre coordinate dal prof. Spacone e dalla Presidenza di Facoltà, hanno visto la partecipazione in primo luogo dei docenti del Pricos esperti in strutture, a cui si sono affiancati altri nostri docenti e molti ingegneri degli ordini professionali abruzzesi.

La Protezione Civile ci ha inviato prima nei centri urbani e nei quartieri meno danneggiati per cercare di far tornare a casa molte persone che adesso sono nei campi tenda. Contemporaneamente abbiamo verificato immobili commerciali, produttivi, scuole ed alberghi de L'Aquila, alcuni dei quali dopo la nostra dichiarazione di agibilità si stanno già organizzando per la riapertura.  Poi siamo stati assegnati alla sezione operativa di Paganica e abbiamo incominciato con i centri storici ed i comuni limitrofi.  Proprio ieri abbiamo finito Assergi: abbiamo decretato l'inagibilità del Centro Storico, che ha subito gravi danni, e abbiamo verificato circa 300 case esterne alle mura, in gran parte agibili. Abbiamo operato in stretto contatto con Protezione Civile, Vigili del Fuoco ed Esercito, talvolta assumendo noi il coordinamento delle operazioni, ad esempio per la perimetrazione delle zone di sgombero di Assergi o per l’individuazione dell’area dove far sorgere il campo tenda.

Oggi ci siamo trasferiti ad Onna con 5 squadre di tecnici.  Lì il sisma è stato davvero devastante...

martedì 7 aprile 2009

Terremoto: la Facoltà lavora con la Protezione Civile

La facoltà di Architettura si è immediatamente messa a disposizione della Protezione Civile e della Regione Abruzzo. Alcuni professori esperti in eventi sismici sono già operativi a L'Aquila. Il contributo che ci è stato richiesto, al momento, riguarda l'analisi statica degli edifici ai fini della dichiarazione di agibilità. Data l'estrema pericolosità del campo di azione anche in considerazione del perdurare dello sciame sismico, è preferibile che in questa prima delicata fase intervengano solo persone che abbiano maturato esperienza di primo intervento in zona terremotata. Qualora, superata questa prima delicata fase e messe in sicurezza le zone a rischio, ci fosse richiesto un coinvolgimento più ampio, la Facoltà organizzerà dei gruppi tecnici di volontari coinvolgendo anche studenti e dottorandi.

lunedì 6 aprile 2009

Terremoto: sospensione attività didattiche

A seguito del tragico evento tellurico verificatosi in provincia dell'Aquila, per onorare la memoria delle vittime e permettere agli studenti fuori sede il rientro in famiglia, la nostra Università ha decretato la sospensione delle attività didattiche (lezioni ed esami) dalla data odierna fino al 18.04.2009.