domenica 10 maggio 2009

Nei paesi del silenzio

Abbiamo ricevuto dal prof. Ghisetti e volentieri pubblichiamo questo diario di una giornata vissuta nella Piana delle Rocche che restituisce l'idea dell'atmosfera sospesa, e per certi versi spettrale, che tuttora permea tanti centri storici minori abruzzesi colpiti dal sisma.

La giornata è abbagliante e calda, sensazioni che da troppo tempo non si avvertivano. Le montagne con toni di verde di diversa intensità. Le cime bianche, candide sotto il sole. Saliamo all’altopiano delle Rocche da Celano, dove i Vigili del Fuoco sono alle prese con la messa in sicurezza di alcune case lesionate. Ma, quasi fuori dell’abitato, la strada è interrotta, occorre tornare giù e risalire da un viottolo, poco più che una mulattiera, al seguito di un autocarro, che ha molta difficoltà nelle strette curve, e di un più agile furgone. Tornati sulla via maestra proseguiamo la salita fino ad Ovindoli, che non si può attraversare, e percorsa una circonvallazione dove vediamo la prima tendopoli, riprendiamo poi il tragitto per Rocca di Mezzo. Sfioriamo Rovere e raggiungiamo questo centro, dove un muro di cinta vistosamente fuori piombo e un’altra tendopoli ci preannunciano una situazione di grave emergenza. Il paese è poco frequentato, chi entra ed esce dal Municipio lo fa con passo affrettato ma, sulla piazza, qualche capannello sembra intrattenersi senza particolari argomenti. Saliamo per le assolate viuzze del centro storico, scorgendo pochi danni in una calma assoluta. Il Sindaco è a Rovere, ci hanno detto, per la messa in sicurezza del campanile della chiesa. Decidiamo di raggiungerlo ma una volta arrivati, scendendo dalla macchina, lo vediamo passare di gran carriera sulla vettura dei Vigili Urbani per rientrare rapidamente a Rocca di Mezzo. Un caffè in un bar troppo tranquillo: la proprietaria ci accenna alla situazione del paese, alle molte persone nelle tende. Anche qui saliamo per le ripide stradine, e le case mostrano certamente lesioni più evidenti che a Rocca di Mezzo. Alcuni Vigili del Fuoco di Pistoia stanno terminando lo smantellamento delle parti pericolanti della cella campanaria, altri portano fuori dalla chiesa banchi ed arredi. L’ingresso è stato puntellato, non così una finestra, il cui architrave in pietra scolpita sembra dover cadere da un momento all’altro. Uno di loro racconta del crollo di una parte dei ruderi del castello e delle pietre che rotolano sulla sottostante via del Cimitero. Il sole è sempre caldo, il bianco delle case e delle pietre sembra abbagliante. Il silenzio è totale, nessun segno di vita, neppure un gatto sonnecchiante. No, ecco una bambina di forse due anni che ci guarda per un po’, senza una parola o un gemito, dal viottolo davanti la porta della sua casa, quasi anch’ella non volesse rompere quel silenzio. Sullo sfondo il Corno Grande e la catena del Gran Sasso spiccano con il loro candore contro il profilo verde che delimita l’altopiano sul versante dell’Aquila. Riprendiamo il viaggio di ritorno: una nuova deviazione ci attende a Castelvecchio Subequo e, attraversando Goriano Sicoli, ci troviamo di fronte ad edifici e chiese gravemente lesionati. La stazione ferroviaria, un po’ fuori il paese, è addirittura in corso di demolizione. Del dramma di questi piccoli centri, così lontani dall’Aquila, sappiamo ben poco. Perché anche l’intera valle dell’Aterno e la valle Subequana sono state molto colpite da questo terremoto. Un’ennesima interruzione della strada, l’antica via Tiburtina-Valeria, la troviamo presso la cattedrale di San Pelino a Corfinio, le cui pietre sembrano splendere sotto il sole di un caldo primo pomeriggio di maggio. E intorno, è sempre silenzio.
Prof. Adriano Ghisetti

1 commento:

  1. caro Adriano
    una bella pagina che restituisce non solo l'atmosfera sospesa dei luoghi, ma anche la tua sofferta partecipazione
    P.

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